Armani VS Gucci: Nella moda vale tutto purché se ne parli?

«Io non ci sto. Quando vedo delle teste mozzate in passerella io mi tiro fuori»

Ha sentenziato Giorgio Armani dopo l’ennesima trovata creativa in casa Gucci.

Teste mozzate, cuccioli di drago insomma..vale tutto! Che dire? Evidentemente alle sfilate ci si annoia e dopotutto la cosa importante è non parlare di vestiti!

Per chi mi legge e conosce il mio punto di vista sa benissimo come io ritenga la creatività un arma potente MA a doppio taglio. Spesso sopravvalutata e usata a sproposito. Dopotutto come si dice:

“Chi non sa comunicare urla per attirare l’attenzione aspettando che qualcuno si giri”

D’altronde sappiamo tutti come le sfilate (quelle che resistono) dei grandi marchi della moda siano più un eccezione che la regola rispetto alla moda di tutti i giorni e perchè no della moda che poi vediamo nei negozi dei brand in questione.

Da un lato la spettacolarizzazione, la creazione di un “buzz” un rumore di fondo per fare risuonare i reciproci eccessi ha sempre fatto parte delle regole del gioco, ma le regole sono sempre state molto labili come oltrepassare il confine.

La riflessione quindi resta semplice e cristallina, al di là di esaltare la presunta genialità di Alessandro Michele che vede lo stilista nel ruolo di un moderno Frankenstein (senza aver probabilmente letto l’opera di Mary Shelley) o premiare la sobrietà che da sempre contraddistingue Giorgio Armani:

Nella moda vale tutto purchè se ne parli?

Per chi ha studiato come me un pò di teoria il fatto in se è abbastanza semplice:

generare controversia è una delle strategie più semplici per attirare l’attenzione dei media e far parlare di sè.

Lo spiegano brillantemente Al & Laura Ries (grandi esperti del marketing contemporaneo) nel loro libro The Fall of Advertising & The ries of PR.

Il problema di un messaggio altamente controverso come quello di Gucci non è il messaggio in sè ma una riflessione su come questo possa poi aiutare il posizionamento del brand e non ultimo quanto poi incentivi le vendite.

Poco importa poi quanto lo si giustifichi applicando in maniera quasi ironica principi di ingredient branding dicendo che le teste sono in realtà capolavori frutto di mesi di lavoro fatti a mano in Italia dal laboratorio Makinarium di Cinecittà. Poco importa se poi ci ricordano (troppo da vicino) le terribili decapitazioni in streaming dell ISIS o si trova invece una chiave di interpretazione psicanalitica sul tema del doppio.

L’importante è che se ne parli! In soldoni? Armani ha rafforzato il suo posizionamento personale e del suo brand richiamandosi a quei valori di sobrietà ed eleganza che lo contraddistinguono. “Re Giorgio” resta un’autorità e per la sua anzianità può anche permettetersi di “fare la morale” quando gli altri la sparano (forse) un pò troppo grossa.

Alessandro Michele è riuscito a far parlare di sè, nel bene o nel male non importa, dopotutto è davvero mai importato a qualcuno il “cattivo gusto” nella moda?

Voi che ne pensate?

[qui sotto alcuni screenshot dei titoli degli articoli]

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